Il panorama normativo della dermopigmentazione in Italia ha recentemente ricevuto una definitiva e autorevole interpretazione grazie alla sentenza n. 1930/2024 del Consiglio di Stato, che ha confermato con fermezza la precedente decisione del TAR Lazio. In entrambi i gradi di giudizio, è stato sancito un principio giuridico di portata fondamentale per il nostro settore:
“L’attività di dermopigmentazione non è di competenza esclusiva degli estetisti perché così deciso dal legislatore statale e può essere svolta dai tatuatori”.
Questa affermazione, chiara e inequivocabile, affonda le sue radici in un’analisi puntuale della Legge n. 1/1990, la normativa che disciplina l’attività di estetista. Il Consiglio di Stato ha infatti evidenziato come:
- La dermopigmentazione non sia menzionata nel corpo della Legge n. 1/1990.
- La scheda tecnica n. 23, introdotta da un decreto ministeriale (fonte normativa secondaria), non possa costituire il fondamento per un diritto esclusivo.
- Non sussista alcun riferimento normativo che attribuisca una posizione privilegiata agli estetisti nello svolgimento della dermopigmentazione.
Questa limpida interpretazione giuridica porta a una conseguenza diretta e dirompente: le normative regionali e comunali che limitano l’esercizio della dermopigmentazione ai soli estetisti sono da considerarsi illegittime.
Professionisti del settore che si trovino a subire provvedimenti sanzionatori o inibitori hanno ora uno strumento potente per impugnare tali decisioni, richiedendo la disapplicazione degli atti amministrativi regionali che impongono illegittimamente la qualifica di estetista.
È fondamentale sottolineare come la disapplicazione sistematica di regolamenti analoghi da parte dei tribunali amministrativi contribuisca alla creazione di una giurisprudenza consolidata, fornendo un quadro giuridico sempre più chiaro e coerente.
La sentenza del Consiglio di Stato, organo nazionale al vertice della giustizia amministrativa, rappresenta un precedente giuridico fondamentale per la tutela dei diritti di tutti i professionisti della dermopigmentazione a livello nazionale. Le pronunce di tale autorevole organo hanno un impatto significativo sulla pratica giuridica amministrativa, e il principio di diritto qui sancito, pur originando da un caso laziale, assume un valore di indirizzo generale per i tribunali amministrativi e le regioni italiane.
Un esempio concreto e incoraggiante di questa evoluzione è rappresentato dalla vicenda di Laura, una talentuosa tatuatrice dermopigmentista in Lombardia. Grazie alla sua determinazione e al supporto legale, Laura ha impugnato con successo una diffida comunale, ottenendo l’annullamento del provvedimento inibitorio e potendo ora esercitare la sua professione liberamente, senza la necessità di un’abilitazione estetica.
I Tribunali Amministrativi tendono a uniformare le proprie decisioni seguendo le interpretazioni delle corti superiori. La reiterazione di sentenze che condividono lo stesso principio porta inevitabilmente alla formazione di una giurisprudenza consolidata, elemento cruciale per garantire un quadro giuridico chiaro e prevedibile per tutti gli operatori del settore.
È comprensibile che questo cambiamento epocale possa generare timori e resistenze, soprattutto da parte di chi ha interesse a preservare posizioni di monopolio e a promuovere corsi di estetica non necessari per i dermopigmentisti operanti in regioni con normative restrittive. È fondamentale prestare attenzione e non permettere che interpretazioni restrittive e la confusione generata da interessi particolari ostacolino la vostra crescita professionale.
I tempi sono maturi per l’azione! Il Sindacato Nazionale Dermopigmentisti invita tutti i professionisti a far valere i propri diritti e a superare le ingiuste restrizioni regionali. Con il supporto del nostro sindacato, possiamo scrivere insieme un futuro di riconoscimento e libertà per la dermopigmentazione in Italia.